La sostenibilità ambientale nel settore tessile è critica viste le esigenze produttive.
400 mq di terreno, 9 m3 di acqua, 391 kg di materie prime, 270 kg di emissioni di carbonio.
Sono i numeri derivanti dal consumo di prodotti tessili per persona UE nel 2020.
Da una ricerca effettuata pare occorrano 2700 litri di acqua dolce per la produzione di una sola maglietta, equivale al consumo di una singola persona nell’arco di più di due anni.
58milioni d tonnellate nel 2000, 109 nel 2020.
La produzione globale di fibre tessili è quasi raddoppiata in 20 anni.
Si prevede che nel 2030 possa superare le 145milioni di tonnellate.
Numeri enormi che portano l’industria tessile a essere al terzo posto in termini di degrado ambientale (fonti idriche) e consumo del suolo, oltre ad essere responsabile di
- circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile. 0,5 milioni di tonnellate sono le microfibre rilasciate nei mari con il solo lavaggio dei capi sintetici, una singola lavatrice di capi in poliestere arriva a rilasciare 700.000 fibre di microplastica che nel loro viaggio finiscono nella catena alimentare oltre che danneggiare irreparabilmente gli ecosistemi marini
- il 10% delle emissioni globali di gas serra
- circa di 22% del volume totale generato da tutte le industrie in termini di acque reflue. Acque che nella maggior parte dei casi finiscono direttamente nei fiumi o nei mari senza subire alcun trattamento di purificazione.
Si è stimato che attraverso le acque reflue prodotte dall’industria tessile vengano sversate nei mari più di 100 tonnellate di coloranti che, per la loro composizione chimica, sono difficilmente degradabili
A peggiorare la situazione della sostenibilità ambientale nel settore tessile inquinamento/industria tessile si evidenzia che
- 12% sul totale produzione è ciò che, in media in Europa, viene recuperato (raccolte differenziate, riuso, riciclo)
- 88% è ciò che finisce in discarica, nella raccolta indifferenziata, in inceneritori o, peggio ancora, in paesi fuori Ue
- 7 milioni di tonnellate è il rifiuto tessile prodotto in Europa ogni anno (l’82% sono abiti), circa 16 kg a persona
- un valore che varia dal 4 al 9 è la percentuale di prodotti tessili che vengono distrutti in Europa, ogni anno, ancora prima di essere venduti
L’ottimizzazione della filiera del tessile ha tantissime sfaccettature.
Per citarne solo alcuni si può parlare di ricerca per l’individuazione di tessuti meno inquinanti (minor utilizzo di acqua/suolo, minor rilascio di microplastiche) o per l’implementazione in fase produttiva di tecnologie volte alla riduzione dell’inquinamento (bioassorbimento, fitodepurazione, biodegradazione), oppure di ottimizzazione degli impianti produttivi ad esempio attraverso l’efficientamento energetico, fino allo sviluppo di nuovi modelli di business (riparazione, upcycling, noleggio, ma anche utilizzo di tessuti innovativi, con una vita più lunga, più facili da riparare o da riutilizzare.
La sostenibilità ambientale nel settore tessile è critica viste le esigenze produttive.
400 mq di terreno, 9 m3 di acqua, 391 kg di materie prime, 270 kg di emissioni di carbonio.
Sono i numeri derivanti dal consumo di prodotti tessili per persona UE nel 2020.
Da una ricerca effettuata pare occorrano 2700 litri di acqua dolce per la produzione di una sola maglietta, equivale al consumo di una singola persona nell’arco di più di due anni.
58milioni d tonnellate nel 2000, 109 nel 2020.
La produzione globale di fibre tessili è quasi raddoppiata in 20 anni.
Si prevede che nel 2030 possa superare le 145milioni di tonnellate.
Numeri enormi che portano l’industria tessile a essere al terzo posto in termini di degrado ambientale (fonti idriche) e consumo del suolo, oltre ad essere responsabile di
- circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile. 0,5 milioni di tonnellate sono le microfibre rilasciate nei mari con il solo lavaggio dei capi sintetici, una singola lavatrice di capi in poliestere arriva a rilasciare 700.000 fibre di microplastica che nel loro viaggio finiscono nella catena alimentare oltre che danneggiare irreparabilmente gli ecosistemi marini
- il 10% delle emissioni globali di gas serra
- circa di 22% del volume totale generato da tutte le industrie in termini di acque reflue. Acque che nella maggior parte dei casi finiscono direttamente nei fiumi o nei mari senza subire alcun trattamento di purificazione.
Si è stimato che attraverso le acque reflue prodotte dall’industria tessile vengano sversate nei mari più di 100 tonnellate di coloranti che, per la loro composizione chimica, sono difficilmente degradabili
A peggiorare la situazione inquinamento/industria tessile si evidenzia che
- 12% sul totale produzione è ciò che, in media in Europa, viene recuperato (raccolte differenziate, riuso, riciclo)
- 88% è ciò che finisce in discarica, nella raccolta indifferenziata, in inceneritori o, peggio ancora, in paesi fuori Ue
- 7 milioni di tonnellate è il rifiuto tessile prodotto in Europa ogni anno (l’82% sono abiti), circa 16 kg a persona
- un valore che varia dal 4 al 9 è la percentuale di prodotti tessili che vengono distrutti in Europa, ogni anno, ancora prima di essere venduti
L’ottimizzazione della filiera del tessile ha tantissime sfaccettature.
Per citarne solo alcuni si può parlare di ricerca per l’individuazione di tessuti meno inquinanti (minor utilizzo di acqua/suolo, minor rilascio di microplastiche) o per l’implementazione in fase produttiva di tecnologie volte alla riduzione dell’inquinamento (bioassorbimento, fitodepurazione, biodegradazione), oppure di ottimizzazione degli impianti produttivi ad esempio attraverso l’efficientamento energetico, fino allo sviluppo di nuovi modelli di business (riparazione, upcycling, noleggio, ma anche utilizzo di tessuti innovativi, con una vita più lunga, più facili da riparare o da riutilizzare.