Ondate di calore e/o di freddo anomali, siccità, tempeste tropicali e uragani, scioglimento dei ghiacciai, incendi, innalzamento del livello del mare…sono solo alcuni degli eventi atmosferici estremi legati al cambiamento climatico.
Pur interessando il mondo intero sono e saranno alcune zone ad essere più vulnerabili a causa della loro posizione geografica e/o conformazione.
Le piccole isole del Pacifico e dell’Oceano Indiano rischiano di essere sommerse dall’innalzamento dei mari, evento che creerà danni considerevoli anche a città posizionate lungo le coste come, ad esempio, Miami.
La siccità colpirà principalmente aree già oggi oggetto di periodi siccitosi.
Alcune regioni dell’Africa e dell’Australia rischieranno di veder ridotte aree destinate ad agricoltura con un aumento inevitabile dell’insicurezza alimentare.
Le inondazioni, eventi che portano ovunque distruzione, in alcune regioni dell’Asia avranno conseguenze devastanti per milioni di persone a causa dello straripamento di fiumi quali il Gange e il Mekong.
Lo scioglimento dei ghiacciai influenzerà milioni di persone che dipendono dai fiumi alimentati dalle nevi per l’acqua dolce.
Aree come Himalaya e Ande saranno quelle che subiranno maggiormente i danni derivanti da questo cambiamento climatico.
Come possono proteggersi le persone che vivono queste aree?
Oppure sceglieranno la “via di fuga”?
Abbiamo parlato di migranti climatici nel nostro ultimo Magazine.
Si tratta di una migrazione ormai inevitabile per la quale i Governi devono prepararsi e farsi trovare pronti per non dover poi fronteggiare problemi prevedibili ma non affrontati.
L’integrazione sociale può diventare un boomerang se non gestita, possono derivarne tensioni sociali e culturali, xenofobia e populismo minando la stabilità economica e culturale del paese ospitante.
Allo stesso modo possono trasformarsi in problemi di difficile gestione la sovrappopolazione e lo sfruttamento delle risorse generando conflitti causati della limitatezza delle stesse.
Situazioni di disoccupazione e povertà possono certamente vedere un aggravamento conseguente all’aumento delle persone in un determinato territorio così come i problemi legati alla salute possono aumentare causando epidemie e l’insorgenza di malattie non endemiche portate da nuove popolazioni. Questi sono solo alcuni esempi di ciò che può accadere.
E’ assolutamente necessario che ci si renda conto che la migrazione climatica è inevitabile e sempre più rapida.
Rappresenta una delle principali sfide globali del XXI secolo e richiede soluzioni complesse che coinvolgono governance internazionale, investimenti economici e protezione dei diritti umani.
Il primo passo dovrebbe essere il riconoscimento legale dei migranti climatici per consentire l’accesso a diritti fondamentali come l’asilo, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e l’abitazione nelle aree di destinazione.
Per garantire l’abitazione sarebbe necessaria una politica di riqualificazione urbana che preveda sia l’adattamento delle strutture, per renderle resistenti al clima mutevole, sia la pianificazione di nuovi spazi abitativi, il miglioramento delle infrastrutture sanitarie e l’espansione dei servizi di trasporto.
Per favorire l’integrazione è necessario, oltre che prevedere scuole per l’apprendimento della lingua, fornire sostegno al reinserimento lavorativo attraverso programmi di formazione professionali.
Non ci si deve però dimenticare della comunità locale per la quale devono essere previsti programmi di sensibilizzazione, educazione interculturale e dialogo sociale allo scopo di facilitare l’integrazione e prevenire conflitti.
Anche in questo caso queste sono solo alcune delle azioni che possono e devono essere messe in atto per facilitare la migrazione climatica.
Cosa ancora più importante sarebbe prodigarsi per limitarla.
Azioni volte alla protezione degli ecosistemi o allo sviluppo di piani di riduzione dei rischi di disastri naturali, come sistemi di allerta precoce per tempeste, inondazioni e ondate di calore, investimenti in pratiche agricole resilienti ai cambiamenti climatici, o ancora in tecnologie avanzate di monitoraggio e previsione dei rischi o in tecnologie come l’irrigazione a basso consumo, la desalinizzazione dell’acqua e le costruzioni resilienti alle inondazioni possono essere strumenti chiave per ridurre la migrazione forzata a causa di eventi climatici estremi.
La collaborazione internazionale e la pianificazione a lungo termine sono fondamentali per affrontare con successo questa sfida crescente. In tutto questo anche le imprese possono fare la loro piccola parte investendo in nuove tecnologie e adoperandosi per una gestione, condivisione e utilizzo più efficienti ed efficaci delle risorse.
Ondate di calore e/o di freddo anomali, siccità, tempeste tropicali e uragani, scioglimento dei ghiacciai, incendi, innalzamento del livello del mare…sono solo alcuni degli eventi atmosferici estremi legati al cambiamento climatico.
Pur interessando il mondo intero sono e saranno alcune zone ad essere più vulnerabili a causa della loro posizione geografica e/o conformazione.
Le piccole isole del Pacifico e dell’Oceano Indiano rischiano di essere sommerse dall’innalzamento dei mari, evento che creerà danni considerevoli anche a città posizionate lungo le coste come, ad esempio, Miami.
La siccità colpirà principalmente aree già oggi oggetto di periodi siccitosi.
Alcune regioni dell’Africa e dell’Australia rischieranno di veder ridotte aree destinate ad agricoltura con un aumento inevitabile dell’insicurezza alimentare.
Le inondazioni, eventi che portano ovunque distruzione, in alcune regioni dell’Asia avranno conseguenze devastanti per milioni di persone a causa dello straripamento di fiumi quali il Gange e il Mekong.
Lo scioglimento dei ghiacciai influenzerà milioni di persone che dipendono dai fiumi alimentati dalle nevi per l’acqua dolce.
Aree come Himalaya e Ande saranno quelle che subiranno maggiormente i danni derivanti da questo cambiamento climatico.
Come possono proteggersi le persone che vivono queste aree?
Oppure sceglieranno la “via di fuga”?
Abbiamo parlato di migranti climatici nel nostro ultimo Magazine.
Si tratta di una migrazione ormai inevitabile per la quale i Governi devono prepararsi e farsi trovare pronti per non dover poi fronteggiare problemi prevedibili ma non affrontati.
L’integrazione sociale può diventare un boomerang se non gestita, possono derivarne tensioni sociali e culturali, xenofobia e populismo minando la stabilità economica e culturale del paese ospitante.
Allo stesso modo possono trasformarsi in problemi di difficile gestione la sovrappopolazione e lo sfruttamento delle risorse generando conflitti causati della limitatezza delle stesse.
Situazioni di disoccupazione e povertà possono certamente vedere un aggravamento conseguente all’aumento delle persone in un determinato territorio così come i problemi legati alla salute possono aumentare causando epidemie e l’insorgenza di malattie non endemiche portate da nuove popolazioni. Questi sono solo alcuni esempi di ciò che può accadere.
E’ assolutamente necessario che ci si renda conto che la migrazione climatica è inevitabile e sempre più rapida.
Rappresenta una delle principali sfide globali del XXI secolo e richiede soluzioni complesse che coinvolgono governance internazionale, investimenti economici e protezione dei diritti umani.
Il primo passo dovrebbe essere il riconoscimento legale dei migranti climatici per consentire l’accesso a diritti fondamentali come l’asilo, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e l’abitazione nelle aree di destinazione.
Per garantire l’abitazione sarebbe necessaria una politica di riqualificazione urbana che preveda sia l’adattamento delle strutture, per renderle resistenti al clima mutevole, sia la pianificazione di nuovi spazi abitativi, il miglioramento delle infrastrutture sanitarie e l’espansione dei servizi di trasporto.
Per favorire l’integrazione è necessario, oltre che prevedere scuole per l’apprendimento della lingua, fornire sostegno al reinserimento lavorativo attraverso programmi di formazione professionali.
Non ci si deve però dimenticare della comunità locale per la quale devono essere previsti programmi di sensibilizzazione, educazione interculturale e dialogo sociale allo scopo di facilitare l’integrazione e prevenire conflitti.
Anche in questo caso queste sono solo alcune delle azioni che possono e devono essere messe in atto per facilitare la migrazione climatica.
Cosa ancora più importante sarebbe prodigarsi per limitarla.
Azioni volte alla protezione degli ecosistemi o allo sviluppo di piani di riduzione dei rischi di disastri naturali, come sistemi di allerta precoce per tempeste, inondazioni e ondate di calore, investimenti in pratiche agricole resilienti ai cambiamenti climatici, o ancora in tecnologie avanzate di monitoraggio e previsione dei rischi o in tecnologie come l’irrigazione a basso consumo, la desalinizzazione dell’acqua e le costruzioni resilienti alle inondazioni possono essere strumenti chiave per ridurre la migrazione forzata a causa di eventi climatici estremi.
La collaborazione internazionale e la pianificazione a lungo termine sono fondamentali per affrontare con successo questa sfida crescente. In tutto questo anche le imprese possono fare la loro piccola parte investendo in nuove tecnologie e adoperandosi per una gestione, condivisione e utilizzo più efficienti ed efficaci delle risorse.