La Supply Chain Act (legge sulla due diligence della catena di approvvigionamento) è una legislazione che mira a regolare e monitorare, attraverso una valutazione approfondita e continua, le catene di fornitura delle imprese al fine di promuovere pratiche commerciali etiche e sostenibili e di identificare e prevenire violazioni dei diritti umani, abusi ambientali e altre pratiche dannose.
Negli ultimi anni, molte nazioni hanno adottato o stanno considerando leggi simili per garantire che le imprese non siano coinvolte in violazioni dei diritti umani, nell’impiego di lavoro minorile o forzato, o in altre pratiche dannose per l’ambiente o per i diritti dei lavoratori lungo la catena di approvvigionamento.
Queste leggi spesso impongono alle aziende di condurre controlli e verifiche più approfonditi sulle loro catene di fornitura, di comunicare in modo trasparente sui propri sforzi per prevenire violazioni dei diritti umani e degli standard ambientali, e in alcuni casi, possono anche prevedere sanzioni o responsabilità legale per le aziende che non rispettano tali obblighi. Ciò può includere l’implementazione di politiche e procedure per monitorare i fornitori, effettuare audit sul campo, fornire formazione ai dipendenti e collaborare con fornitori per migliorare le pratiche sostenibili.
La Supply Chain Act è quindi uno strumento per promuovere la responsabilità sociale d’impresa e assicurare che le imprese operino in modo etico lungo tutta la catena di fornitura, non solo nei propri confini aziendali diretti, ma anche nei confronti dei fornitori e dei sub-fornitori coinvolti nelle loro operazioni globali.
La proposta di legge ( Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) ) è stata presentata dalla Commissione Europea nel 2022. Avrebbe dovuto (noi speriamo si riesca) diventare obbligatoria:
- Dal 2026 tutte le aziende UE con almeno 500 dipendentie con un fatturato netto di 150 milioni di euro
- Dal 2028 le imprese con più di 250 dipendentie con un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro
Purtroppo il 28 febbraio il Consiglio UE non è riuscito a trovare un accordo e salta l’approvazione per non raggiunta maggioranza. L’Italia si è astenuta dalla votazione. La motivazione addotta da molti paesi è che il testo è troppo divisivo. Ora dovrà essere rivisto e nuovamente presentato con un inevitabile allungamento dei tempi.
Ma cosa significa Due Diligence?
- L’espressione inglese due diligence indica l’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all’oggetto di una trattativa. Il fine di questa attività è quello di valutare la convenienza di un affare e di identificarne i rischi e i problemi connessi, sia per negoziare termini e condizioni del contratto, sia per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento. (Wikipedia)
Cosa conteneva la proposta di legge?
Le imprese dovranno dimostrare che le loro attività, e quelle dei soggetti della loro catena di fornitura, si svolgono nel rispetto di pratiche sostenibili ed eticamente corrette. L’adeguamento alla direttiva CSDDD – nel rispetto delle logiche di due diligence – rappresenta uno stimolo per le imprese ad intercettare, individuare, analizzare e verificare potenziali fattori connessi all’impatto a livello di operations.
A chi si applica?
- Le società europee e le organizzazioni di altri Paesi che operano nell’UE con 500 dipendenti o più con un fatturato di almeno 150 milioni di euro sono coperte dalla legge. Ciò riguarda circa 17.000 aziende;
- Per i settori ad alto rischio in cui il potenziale di rischio sia per l’uomo che per l’ambiente è particolarmente elevato (industria tessile e della pelle, l’agricoltura e la silvicoltura, la pesca e l’estrazione mineraria), i requisiti della direttiva devono già essere soddisfatti da organizzazioni con almeno 250 dipendenti e un fatturato di 40 milioni di euro.
- Le piccole e medie imprese non sono direttamente interessate dalla legge, ma indirettamente, ad es. come fornitori di grandi aziende.
- Le seguenti persone giuridiche devono essere coperte dal presente regolamento: società per azioni, società per azioni, società a responsabilità limitata, società finanziarie regolamentate e compagnie di assicurazione.
Come si devono organizzare le aziende?
Le aziende interessate dalla CSDDD devono implementare i seguenti passaggi:
- Individuare gli effetti negativi effettivi o potenziali sui diritti umani e sull’ambiente. Adottare, quindi, misure appropriate per prevenirli, mitigarli e rimediare.
- La due diligence deve essere integrata nelle politiche e nei sistemi di gestione aziendali.
- Le aziende devono stabilire procedure e modalità, accessibili a tutti lungo la filiera, per segnalare anomalie;
- Devono essere fornite informazioni trasparenti e pubbliche sull’adempimento degli obblighi di due diligence di un’azienda, inclusa una relazione annuale;
- Le aziende sono obbligate a controllare e monitorare l’efficacia di queste misure;
- Le aziende dovranno redigere un reporting sull’impatto delle loro attività e sui rischi connessi
- Dovranno, a livello di comunicazione, fornire informazioni sul rispetto dell’ambiente, dei diritti umani, sulla governance e sulle attività di gestione e controllo adottate a livello di supply chain
Quali sono le violazioni attenzionate?
- Lavoro forzato
- Lavoro minorile
- Salute e sicurezza sul lavoro inadeguate
- Sfruttamento dei lavoratori
- Violazioni ambientali come emissioni di gas serra, inquinamento o distruzione della biodiversità o degli ecosistemi
Quale deve essere il punto di partenza per le aziende?
Il primo passo è la mappatura completa e minuziose della Supply Chain per identificare, valutare e affrontare i rischi che impattano nella catena del valore. Questa operazione deve necessariamente coinvolgere tutti gli stakeholders (partner, fornitori, investitori e clienti). È inoltre necessario fare formazione sui temi CSDDD ai dipendenti affinché siano in linea con i modi di agire nei confronti di clienti e fornitori.
In che modo impatta la CSDDD con le PMI?
Le PMI non sono coinvolte direttamente ma, essendo parte delle catene di valore delle grandi aziende, lo sono di rimando. A medio termine infatti le grandi aziende obbligheranno le PMI a rivedere le loro catene di approvvigionamento e vorranno ottenere assicurazioni sul rispetto dei requisiti della due diligence.
Per le PMI che si organizzano per tempo e si preparano quanto prima questo può tramutarsi in un considerevole vantaggio competitivo.
La Supply Chain Act (legge sulla due diligence della catena di approvvigionamento) è una legislazione che mira a regolare e monitorare, attraverso una valutazione approfondita e continua, le catene di fornitura delle imprese al fine di promuovere pratiche commerciali etiche e sostenibili e di identificare e prevenire violazioni dei diritti umani, abusi ambientali e altre pratiche dannose.
Negli ultimi anni, molte nazioni hanno adottato o stanno considerando leggi simili per garantire che le imprese non siano coinvolte in violazioni dei diritti umani, nell’impiego di lavoro minorile o forzato, o in altre pratiche dannose per l’ambiente o per i diritti dei lavoratori lungo la catena di approvvigionamento.
Queste leggi spesso impongono alle aziende di condurre controlli e verifiche più approfonditi sulle loro catene di fornitura, di comunicare in modo trasparente sui propri sforzi per prevenire violazioni dei diritti umani e degli standard ambientali, e in alcuni casi, possono anche prevedere sanzioni o responsabilità legale per le aziende che non rispettano tali obblighi. Ciò può includere l’implementazione di politiche e procedure per monitorare i fornitori, effettuare audit sul campo, fornire formazione ai dipendenti e collaborare con fornitori per migliorare le pratiche sostenibili.
La Supply Chain Act è quindi uno strumento per promuovere la responsabilità sociale d’impresa e assicurare che le imprese operino in modo etico lungo tutta la catena di fornitura, non solo nei propri confini aziendali diretti, ma anche nei confronti dei fornitori e dei sub-fornitori coinvolti nelle loro operazioni globali.
La proposta di legge ( Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) ) è stata presentata dalla Commissione Europea nel 2022. Avrebbe dovuto (noi speriamo si riesca) diventare obbligatoria:
- Dal 2026 tutte le aziende UE con almeno 500 dipendentie con un fatturato netto di 150 milioni di euro
- Dal 2028 le imprese con più di 250 dipendentie con un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro
Purtroppo il 28 febbraio il Consiglio UE non è riuscito a trovare un accordo e salta l’approvazione per non raggiunta maggioranza. L’Italia si è astenuta dalla votazione. La motivazione addotta da molti paesi è che il testo è troppo divisivo. Ora dovrà essere rivisto e nuovamente presentato con un inevitabile allungamento dei tempi.
Ma cosa significa Due Diligence?
- L’espressione inglese due diligence indica l’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all’oggetto di una trattativa. Il fine di questa attività è quello di valutare la convenienza di un affare e di identificarne i rischi e i problemi connessi, sia per negoziare termini e condizioni del contratto, sia per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento. (Wikipedia)
Cosa conteneva la proposta di legge?
Le imprese dovranno dimostrare che le loro attività, e quelle dei soggetti della loro catena di fornitura, si svolgono nel rispetto di pratiche sostenibili ed eticamente corrette. L’adeguamento alla direttiva CSDDD – nel rispetto delle logiche di due diligence – rappresenta uno stimolo per le imprese ad intercettare, individuare, analizzare e verificare potenziali fattori connessi all’impatto a livello di operations.
A chi si applica?
- Le società europee e le organizzazioni di altri Paesi che operano nell’UE con 500 dipendenti o più con un fatturato di almeno 150 milioni di euro sono coperte dalla legge. Ciò riguarda circa 17.000 aziende;
- Per i settori ad alto rischio in cui il potenziale di rischio sia per l’uomo che per l’ambiente è particolarmente elevato (industria tessile e della pelle, l’agricoltura e la silvicoltura, la pesca e l’estrazione mineraria), i requisiti della direttiva devono già essere soddisfatti da organizzazioni con almeno 250 dipendenti e un fatturato di 40 milioni di euro.
- Le piccole e medie imprese non sono direttamente interessate dalla legge, ma indirettamente, ad es. come fornitori di grandi aziende.
- Le seguenti persone giuridiche devono essere coperte dal presente regolamento: società per azioni, società per azioni, società a responsabilità limitata, società finanziarie regolamentate e compagnie di assicurazione.
Come si devono organizzare le aziende?
Le aziende interessate dalla CSDDD devono implementare i seguenti passaggi:
- Individuare gli effetti negativi effettivi o potenziali sui diritti umani e sull’ambiente. Adottare, quindi, misure appropriate per prevenirli, mitigarli e rimediare.
- La due diligence deve essere integrata nelle politiche e nei sistemi di gestione aziendali.
- Le aziende devono stabilire procedure e modalità, accessibili a tutti lungo la filiera, per segnalare anomalie;
- Devono essere fornite informazioni trasparenti e pubbliche sull’adempimento degli obblighi di due diligence di un’azienda, inclusa una relazione annuale;
- Le aziende sono obbligate a controllare e monitorare l’efficacia di queste misure;
- Le aziende dovranno redigere un reporting sull’impatto delle loro attività e sui rischi connessi
- Dovranno, a livello di comunicazione, fornire informazioni sul rispetto dell’ambiente, dei diritti umani, sulla governance e sulle attività di gestione e controllo adottate a livello di supply chain
Quali sono le violazioni attenzionate?
- Lavoro forzato
- Lavoro minorile
- Salute e sicurezza sul lavoro inadeguate
- Sfruttamento dei lavoratori
- Violazioni ambientali come emissioni di gas serra, inquinamento o distruzione della biodiversità o degli ecosistemi
Quale deve essere il punto di partenza per le aziende?
Il primo passo è la mappatura completa e minuziose della Supply Chain per identificare, valutare e affrontare i rischi che impattano nella catena del valore. Questa operazione deve necessariamente coinvolgere tutti gli stakeholders (partner, fornitori, investitori e clienti). È inoltre necessario fare formazione sui temi CSDDD ai dipendenti affinché siano in linea con i modi di agire nei confronti di clienti e fornitori.
In che modo impatta la CSDDD con le PMI?
Le PMI non sono coinvolte direttamente ma, essendo parte delle catene di valore delle grandi aziende, lo sono di rimando. A medio termine infatti le grandi aziende obbligheranno le PMI a rivedere le loro catene di approvvigionamento e vorranno ottenere assicurazioni sul rispetto dei requisiti della due diligence.
Per le PMI che si organizzano per tempo e si preparano quanto prima questo può tramutarsi in un considerevole vantaggio competitivo.