Skip to main content
IstituzionaliNews

EPR-Partire dalla progettazione

EPR (Extended Producer Responsibility – responsabilità estesa del produttore)

In Italia, secondo l’ultimo report disponibile MiteIspra (2021), i rifiuti derivanti dal tessile ammontano a circa 480mila tonnellate di cui 284mila tonnellate sono rifiuti industriali della filiera tessile (pre-consumo), scarti di taglio e abbigliamento. La quota restante è da considerare rifiuto post-consumo (146mila tonnellate).

In Europa i numeri chiaramente crescono. 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti tessili (circa 12 chili annuali pro capite) di cui solo il 22% viene differenziato per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto è spesso incenerito o collocato in discarica.

I numeri Mondo assumono caratteristiche terrificanti. E stiamo parlando solo di ciò che viene prodotto, in termini di rifiuti, dall’industria tessile.

Nel tentativo di arginare il problema rifiuti, e nonostante i regimi EPR adottati a livello nazionale abbiano sicuramente contribuito al miglioramento della gestione degli stessi, la Commissione Europea ha evidenziato l’incapacità dei regimi di incidere in maniera sostanziale sulla progettazione in ottica circolare e sta quindi tentando di accelerare i tempi per l’uscita di una norma che regolamenti a livello europeo l’EPR (Extended Producer Responsibility – responsabilità estesa del produttore) in termini ancora più stringenti.
Proprio in questi giorni i colegislatori delle UE hanno raggiunto un accordo politico provvisorio in merito alla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili.

Verranno disciplinate circolarità, prestazioni energetiche e altri fattori legati alla sostenibilità per tutta una serie di prodotti fisici (tessile, mobili, metalli, elettronica,…).

Nello specifico per il settore tessile è stato individuato il 2028 come l’anno in cui le aziende di moda dovranno smettere definitivamente di distruggere i prodotti invenduti.

Allo stato attuale delle cose ogni stato membro si sta muovendo in autonoma anche grazie a consorzi di gestione, nell’attesa che esca una normativa a livello europeo.

Per tutto ciò che è attinente a norme inerenti la sostenibilità “portarsi avanti” non può che essere un ottimo modo di operare e autoregolamentarsi nell’ottica dell’ESPR (Ecodesign for Sustainable Products Regulation) consentirà alle imprese di non farsi trovare impreparate ad affrontare cambiamenti che sono ormai inevitabili, oltre che alle porte.

Ma che cosa si intende per EPR?

EPR è, in prima battuta, una politica ambientale, un modo di gestire i rifiuti. Si tratta di partire dalla progettazione e di disegnare prodotti che siano maggiormente riciclabili e in linea con i principi dell’economia circolare (eco-design).

Ma EPR non si ferma qui.

La rivoluzione sta nel rendere l’imprenditore responsabile in prima persona dei rifiuti che verranno creati dalla produzione della sua azienda facendo si che si faccia carico dei costi legati alla sostenibilità, dall’approvvigionamento delle materie prime fino alla fine del ciclo di vita del prodotto e al riciclaggio.

Come può un imprenditore impostare la sua forma mentis in ottica circolare nel pensare a un nuovo prodotto/servizio?

Per iniziare ci si può porre delle domande.
Può essere riciclato, riutilizzato o recuperato?
È possibile ridurre l’uso dei materiali? Nel paradigma “poco è meglio” ridurre, sia in ottica di utilizzo materiali di produzione che di imballaggio, vuol dire meno scarti, meno materiale da riciclare e quindi meno costi.
È difficile da separare? Una progettazione semplice facilita le operazioni di disassemblaggio volte al riutilizzo e/o al riciclo.
È modulare? Creare prodotti modulari ne amplifica l’utilizzo consentendone lo sfruttamento in diverse occasioni e quindi attribuendogli una fine vita più lontana nel tempo.
Quanto dura? Creare prodotti durevoli nel tempo è la nuova strada da percorrere. La durevolezza diventa qualità del prodotto stesso.
Può essere facilmente riparato? In ottica circolare non esiste più il concetto “usa e getta”. I prodotti vengono pensati per poter essere riparati. Nascono nuove (in realtà molto vecchie ma abbandonate da tempo) attività imprenditoriali volte alla riparazione e ai pezzi di ricambio.

EPR (Extended Producer Responsibility – responsabilità estesa del produttore)

In Italia, secondo l’ultimo report disponibile MiteIspra (2021), i rifiuti derivanti dal tessile ammontano a circa 480mila tonnellate di cui 284mila tonnellate sono rifiuti industriali della filiera tessile (pre-consumo), scarti di taglio e abbigliamento. La quota restante è da considerare rifiuto post-consumo (146mila tonnellate).

In Europa i numeri chiaramente crescono. 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti tessili (circa 12 chili annuali pro capite) di cui solo il 22% viene differenziato per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto è spesso incenerito o collocato in discarica.

I numeri Mondo assumono caratteristiche terrificanti. E stiamo parlando solo di ciò che viene prodotto, in termini di rifiuti, dall’industria tessile.

Nel tentativo di arginare il problema rifiuti, e nonostante i regimi EPR adottati a livello nazionale abbiano sicuramente contribuito al miglioramento della gestione degli stessi, la Commissione Europea ha evidenziato l’incapacità dei regimi di incidere in maniera sostanziale sulla progettazione in ottica circolare e sta quindi tentando di accelerare i tempi per l’uscita di una norma che regolamenti a livello europeo l’EPR (Extended Producer Responsibility – responsabilità estesa del produttore) in termini ancora più stringenti.
Proprio in questi giorni i colegislatori delle UE hanno raggiunto un accordo politico provvisorio in merito alla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili.

Verranno disciplinate circolarità, prestazioni energetiche e altri fattori legati alla sostenibilità per tutta una serie di prodotti fisici (tessile, mobili, metalli, elettronica,…).

Nello specifico per il settore tessile è stato individuato il 2028 come l’anno in cui le aziende di moda dovranno smettere definitivamente di distruggere i prodotti invenduti.

Allo stato attuale delle cose ogni stato membro si sta muovendo in autonoma anche grazie a consorzi di gestione, nell’attesa che esca una normativa a livello europeo.

Per tutto ciò che è attinente a norme inerenti la sostenibilità “portarsi avanti” non può che essere un ottimo modo di operare e autoregolamentarsi nell’ottica dell’ESPR (Ecodesign for Sustainable Products Regulation) consentirà alle imprese di non farsi trovare impreparate ad affrontare cambiamenti che sono ormai inevitabili, oltre che alle porte.

Ma che cosa si intende per EPR?

EPR è, in prima battuta, una politica ambientale, un modo di gestire i rifiuti. Si tratta di partire dalla progettazione e di disegnare prodotti che siano maggiormente riciclabili e in linea con i principi dell’economia circolare (eco-design).

Ma EPR non si ferma qui.

La rivoluzione sta nel rendere l’imprenditore responsabile in prima persona dei rifiuti che verranno creati dalla produzione della sua azienda facendo si che si faccia carico dei costi legati alla sostenibilità, dall’approvvigionamento delle materie prime fino alla fine del ciclo di vita del prodotto e al riciclaggio.

Come può un imprenditore impostare la sua forma mentis in ottica circolare nel pensare a un nuovo prodotto/servizio?

Per iniziare ci si può porre delle domande.
Può essere riciclato, riutilizzato o recuperato?
È possibile ridurre l’uso dei materiali? Nel paradigma “poco è meglio” ridurre, sia in ottica di utilizzo materiali di produzione che di imballaggio, vuol dire meno scarti, meno materiale da riciclare e quindi meno costi.
È difficile da separare? Una progettazione semplice facilita le operazioni di disassemblaggio volte al riutilizzo e/o al riciclo.
È modulare? Creare prodotti modulari ne amplifica l’utilizzo consentendone lo sfruttamento in diverse occasioni e quindi attribuendogli una fine vita più lontana nel tempo.
Quanto dura? Creare prodotti durevoli nel tempo è la nuova strada da percorrere. La durevolezza diventa qualità del prodotto stesso.
Può essere facilmente riparato? In ottica circolare non esiste più il concetto “usa e getta”. I prodotti vengono pensati per poter essere riparati. Nascono nuove (in realtà molto vecchie ma abbandonate da tempo) attività imprenditoriali volte alla riparazione e ai pezzi di ricambio.